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5 febbraio 2008

L'arroganza del no

Posto quest'articolo di Antonio Padellaro perchè lo condivido dalla prima all'ultima parola.

Ha detto no al capo dello Stato. No al presidente del Senato. No al leader
del Pd. No a un governo istituzionale. No a qualsiasi forma di dialogo. No a
una modifica della legge elettorale (la porcata del leghista Calderoli)
richiesta dalla maggioranza delle forze politiche. L'ha avuta vinta lui e
non perché si andrà al voto, espressione comunque della volontà dei
cittadini. Intollerabile è la tracotanza dei modi, la mancanza di rispetto
per qualsiasi istituzione, la sordità delle altrui ragioni da parte di un
personaggio mosso esclusivamente da bramosia di rivincita, reso ebbro dai
sondaggi che sventola come se bastassero ad assicurargli di nuovo Palazzo
Chigi. Parliamo di Silvio Berlusconi perché gli altri contano zero, ed è
l'unica
cosa sulla quale gli diamo ragione. La velocità di Fini e Casini
nell'accodarsi
al capo dopo averne detto peste e corna è una pagina deprimente ma non
inattesa visto che il padrone delle loro carriere resta lui. Mentre il
signor no s'impuntava sul voto anticipato, che ci costerà la bellezza di
trecento milioni di euro con il rischio di avere un nuovo parlamento
ingovernabile, sulla stampa di famiglia («Giornale» e «Foglio») alcuni
addetti facevano circolare false notizie su possibili accordi
Berlusconi-Veltroni. Ipotesi ridicole e utili soltanto a sviare l'attenzione
dalle vere intenzioni del proprietario. Le solite: offrire al Pd un finto
dialogo per il «dopo» e prepararsi per il subito a bastonare gli avversari
accusandoli di qualunque nefandezza. Una trappola scontata che Veltroni ha
liquidato affermando che il Pd è alternativo alla destra su valori e
programmi. E a maggior ragione se l'altro si rifiuta perfino di scrivere
insieme le regole. Per il centrosinistra sarà una campagna elettorale
durissima. Ma cavalcando la politica più vecchia e arrogante forse
Berlusconi prepara la sua sconfitta.

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