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Le magie in cui credo

Perchè alcune magie seppur banali sono vere... Credo fermamente al potere magico di un sorriso che ci viene donato gratuitamente ed...

28 febbraio 2014

Have you seen my shoes


Se c'è un motivo per cui temo la vecchiaia è perché ho visto e soprattutto "ascoltato" gli effetti nefasti che essa ha prodotto sulla carriera artistica e produttiva di Pino Daniele.
Secondo me se "Pinuccio" avesse smesso di incidere album nel 1993 sarebbe stato un bene per tutti noi. Oddio forse per il suo portafogli no, ma perché cercare di riempirlo il più possibile dandosi totalmente al commerciale e perdendo cosi la faccia??
Il primo Pino Daniele invece era qualcosa di favoloso, sonorità mai sentite prima nel panorama italiano, poi purtroppo ad un certo punto si è smarrito per strada.
Eppure lo Smarrimento, quello stato d'animo che tutti possono provare in alcuni periodi della propria vita...io credo che nessuno come lui l'abbia saputo raccontare così bene in musica.
Pezzi come : "Puorteme a casa mia", "Un giorno che non va" ma soprattutto "Have you seen my shoes" sono emblematici in tal senso.
In "Have you seen my shoes" il solo fatto che chiede continuamente dove sono finite le proprie scarpe a me sembra come una richiesta d'aiuto per ritornare a camminare sul proprio sentiero ormai perso.



4 febbraio 2014

Opera Divina

Da un po di tempo ormai anch'io come molti altri mi sono appassionato alla lettura della Divina Commedia di Dante. Ed ogni settimana cerco di leggere un canto di questo meraviglioso poema. Non sono un Dantista (uno studioso di Dante), non potrei esserlo, non conosco tutte le letture di Dante, tranne un po l'Eneide di Virgilio, ma nel mio piccolo sto cercando di decifrare per quanto mi sia possibile il messaggio che cela l'intera Opera. Perchè forse un messaggio nascosto c'è per davvero.
Alcuni considerano Dante il più cattolico tra i poeti soprattutto per come egli ha descritto L'Inferno, il Purgatorio ed il Paradiso che nell'immaginario comune di tanti credenti sono proprio immaginati nel modo prima descritto dal poeta e poi disegnato da Gustave Dorè. La verità invece è un tantino diversa.
In passato mi chiedevo spesso perchè a me quest'opera non "arrivava". La risposta è stata fin troppo ovvia. Non ero ancora pronto. Poi a poco a poco ho cominciato a leggerla e piano piano a percepirne la maestosità, invogliato anche perchè no dai vari Benigni, Gasmann e Federico Zeri. Ho scoperto poi che ne esiste anche una versione tradotta in napoletano di inizio ottocento davvero spassosa.
Io credo che Dante fosse in possesso di una consapevolezza molto elevata ed abbia voluto farne dono all'intera umanità attraverso la sua Opera. Solo che una grande verità non può essere divulgata in modo semplice e banale, perderebbe di senso. Ci si deve arrivare invece attraverso un percorso difficile e tortuoso, insomma per ottenerla la si deve volere ottenere sul serio. E quindi bisogna elevarsi per farlo.
Ai tempi di Dante nel 1300 avere un idea, un pensiero che non fosse in sintonia con quello del Papato era davvero molto pericoloso, bastava un niente per essere accusati di eresia e finire su un rogo.
Quindi se Dante come pensano in molti avesse voluto inserire un messaggio oppure un invito (fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza) nella sua Opera avrebbe dovuto farlo nel modo più criptico e celato possibile.
L'invito del poeta è quello di intraprendere un viaggio interpersonale all'interno di se stessi.
“Un uomo che è ridiventato bambino, che ha fatto tutto il percorso. Un conto è restare bambini, ma un conto è ritornare bambini…”
“Dante si è occupato di quella cosa di cui non si occupa più nessuno, questo strano dono che abbiamo avuto tutti in sorte:  la vita! Non se ne occupa più nessuno!”
“…ognuno di noi è  il protagonista di una storia irripetibile, anche se i suoi giorni e le sue notti non appaiono eccezionali a nessuno, ognuno di noi è protagonista di un dramma epico irripetibile per l’eternità, che non si ripeterà mai più… quando ognuno di noi se ne andrà, non accadrà mai più che ne nasca uno uguale, e ognuno di noi è il protagonista di quella storia impressionante… ci dice, Dante, che Dio ha bisogno degli uomini… Ci dice che i fatti del mondo non sono la fine della questione…”
“Ci ha detto che la nostra libertà ci porta con sé, e ci dice che il viaggio è dentro di noi, a cercare noi stessi. È inutile che andiate a cercare il senso, il senso siete voi stessi!”
Dante, come buona parte dei poeti del Dolce stil novo si dice che faceva parte di un ordine segreto iniziatici, i Fedeli d’Amore, legato ai Templari. Ma ritorniamo alla sua grande opera.
L’inizio della Divina Commedia descrive come Dante ad un certo momento della sua vita si trovi smarrito nella selva oscura. Questa crisi spirituale è comune a molti ricercatori che, dopo avere intrapreso con i propri sforzi il cammino interiore, si trovano ad certo momento ad un punto morto, in una situazione di angoscia e disperazione.
Dice Dante: “Io non so ben ridir come v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai”.
Il sonno in questione è il sonno della coscienza, quello stato in cui viviamo normalmente senza rendercene conto, anzi credendo di essere svegli. Dopo questa esperienza terribile Dante si riprende un poco ma deve constatare di non essere in grado di procedere da solo: è impedito infatti dalle tre fiere che rappresentano i tre veleni dell’ego (lussuria, superbia, avarizia). Solo con l’aiuto di un Maestro è possibile andare avanti e infatti vi è l’incontro con Virgilio (quando il discepolo è pronto il Maestro arriva). Con la guida di Virgilio Dante entra nell’Inferno, inizia cioè il viaggio al centro della Terra, esperienza che gli alchimisti denominavano VITRIOLVM (visita l’interno della Terra, rettificando troverai la pietra nascosta, vera medicina). È l’opera al nero ermetica, operazione pericolosa in cui la struttura dell’individuo, la personalità, si deve dissolvere, l’anima-essenza si deve slacciare dal corpo individuale legato al tempo ed allo spazio (il mondo). Perché quest’impresa riesca è necessario che sia intrapresa con cuore puro, con un’intenzione corretta e insieme ad una guida.
In questa fase del lavoro su di sé vi è il confronto con la propria ombra, con i propri demoni interiori, con il lato infernale delle proprie passioni. I personaggi storici che Dante incontrerà nella sua discesa attraverso i gironi infernali sono rappresentazioni simboliche di questi aspetti. I dannati sono interamente assorbiti nella dimensione del proprio peccato, bloccati in quell’unico sentimento e in quell’unica disposizione psicologica, in una ripetizione infinita di quella singola situazione. Tutti questi personaggi sono stati bruciati dalle proprie passioni e ciò non è da intendersi in senso morale ma esistenziale: basta pensare a Paolo e Francesca che in Dante ispirano dolcezza e compassione e che non condanna, ma che tuttavia sono rimasti travolti da una forza che non sono riusciti a trasformare. L’inferno è dunque la dimensione della natura caotica e se ben guardiamo ce lo troviamo attorno tutti i giorni, dentro e fuori di noi, anche se con gradazioni e sfumature diverse. Il Purgatorio ed il Paradiso sono molto più complessi. A leggerli si fa davvero fatica a capirne il significato dei versi. I riferimenti alchemici in questi due canti però sono molto evidenti. Vediamo ora cosa rappresenta il Purgatorio: si è detto che, in Alchimia, l’opera al nero viene seguita dall’opera al bianco, la purificazione delle scorie. Dante descrive questa esperienza come l’ascesa ad un monte, simbolo importantissimo in tutte le tradizioni, salita molto faticosa all’inizio ma che via via si fa più leggera. La salita è preceduta da un battesimo dell’acqua, valido sia per l’interpretazione ermetica che per quella cristiana più avanti il nostro poeta sperimenterà anche il battesimo del fuoco. È il fuoco che non brucia, il Fuoco Alchemico. Gli incontri che Dante e la sua guida faranno nelle varie tappe del percorso sono numerosi: nelle anime del Purgatorio c'è ancora un legame forte e complesso con la vita terrena. Ma ora esse vedono pienamente il senso delle cose, comprendono i propri limiti umani e aspirano alla perfezione celeste. L’atmosfera è completamente diversa da quella dell’inferno, qui la sofferenza assume significato diverso perché è preludio alla liberazione. È quella che nel lavoro su se stessi viene chiamata sofferenza volontaria. Il Paradiso, l’opera al rosso. Dante inizia questa nuova esperienza affermando che: “Nel ciel che più della Sua luce prende, Fui io e vidi cose che ridire, Né sa né può chi di lassù scende”. Lo spirito ormai partecipe del fluido vitale divino, sale i livelli supremi di coscienza. Il Paradiso è l’apoteosi della luce, dell’espansione dello spirito che Dante descrive con termini come “transumanare” e “indiarsi” (diventare Dio), inammissibili per la religione ufficiale dell'epoca ed anche quella attuale.
Poi ci sarebbe da dire della numerologia applicata all'Opera, un lavoro minuzioso ed incredibile che sembra quasi impossibile che un essere umano sia potuto giungere a tale perfezione.
Per esempio l'eterno riferimento al numero Tre, il numero Divino. Le cantiche dell'opera sono 3 (Inferno, Purgatorio e Paradiso) ed ognuno è formato da 33 canti più uno Introduttivo. Ogni canto è scritto in terzine, cioè da una composizione in rime di 3 versi ed ogni verso è formato da endecasillabi cioè contenenti 11 lettere. Quindi una terzina avendo 3 endecasillabi  si ha 11+11+11= 33. Ma questo è niente. la numerologia applicata all'intera Opera è molto più vasta, solo che io proprio non saprei come spiegarla anche perchè ci sono moltissimi punti che mi sono ancora oscuri.
Io invito tutti a leggerla quest'immensa Opera, anche se qualcosa non la comprendiamo ci sarà sempre qualche altra cosa che ci arricchirà l'anima.









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